Domenica 28 aprile sui luoghi della Resistenza
di Mauro Magatti | Lunedì 27 settembre
Avvenire
Le parole sulla sfida climatica ed ecologica rivolte dal segretario generale Antonio Guterres alla 76esima Assemblea generale dell’Onu sono state inequivocabili: «Il mondo non è mai stato più minacciato o più diviso, siamo sull’orlo di un abisso e ci muoviamo nella direzione sbagliata. Sono qui per dare l’allarme: il mondo deve svegliarsi». Sulla stesa linea, l’intervento del premier italiano e presidente di turno del G20, Mario Draghi, il quale ha affermato che la questione ambientale è una priorità assoluta che deve essere affrontata in maniera tempestiva e coraggiosa.
Nonostante la loro autorevolezza, nonostante la mobilitazione di una parte importante delle generazioni più giovani incoraggiate anche ieri da papa Francesco, queste dichiarazioni rischiano però di cadere nel vuoto: di fronte all’intrico di questioni, interessi, punti di vista sul cambiamento climatico, il mondo appare disarmato. E le tre leve (preziose) su cui possiamo contare presentano tutte gravi debolezze. La prima leva è l’accordo tra Stati. A ottobre si terrà a Kunming, in Cina, la Conferenza sulla biodiversità. E a novembre si terrà a Glasgow, in Scozia, una cruciale nuova Conferenza sul clima. Rispetto a Parigi 2015, la sensibilità è senz’altro cresciuta e si può dunque sperare in un atteggiamento ancora più cooperativo.