Manifestazione per l'Europa e per la Pace

Manifestazione “Per l’Europa e per la Pace” – Bergamo, 9 maggio 2025

Care amiche, cari amici,
grazie per la vostra partecipazione. Grazie per il sostegno a queste due bandiere, dell’Europa e della pace. Queste due bandiere, Pace e Europa, sono un sinonimo, non lasceremo che diventino un ossimoro.


"L’Europa non è un incidente della storia. È la risposta più alta che i nostri padri e le nostre madri hanno saputo dare all’orrore della guerra." (David Sassoli, Strasburgo, 3 luglio 2019)


Siamo qui per dire che l’Europa è una scelta di civiltà, è il nostro progetto di pace, di libertà e di speranza. Non un sogno astratto. Ma un progetto concreto, popolare, civile e politico. Un progetto ancora vivo, ancora in cammino.


E perciò siamo qui anche per rinnovare un impegno, per sostenere un’idea, per rilanciare quel progetto. L’Europa che celebriamo non è un semplice accordo tra Stati. È una visione: la più audace e generosa del secolo scorso. Una scelta di pace, fatta sulle macerie della guerra. Una scommessa di futuro, nata dal dolore condiviso, nata dalle ceneri dei campi di battaglia, dai vagoni piombati, dalle città sventrate. Ma da quel dolore è germogliata un’idea coraggiosa e rivoluzionaria: fare della pace una scelta politica, costruita giorno dopo giorno attraverso il dialogo, la cooperazione, la fiducia.

L’Europa è stata la grande scommessa della fraternità dopo la catastrofe.


Oggi, in un tempo in cui la guerra è tornata nei nostri confini, in cui le democrazie sono minacciate, in cui le disuguaglianze si allargano e il cinismo sembra avanzare, noi scegliamo di riunirci in questa piazza per non smarrire il cuore dell’Europa. Oggi ci viene chiesto di scegliere: tra paura e fiducia, tra riarmo e diplomazia, tra egoismo e fraternità.


Noi, come società civile, diciamo con forza: la pace non è un’illusione. È una possibilità concreta, ma va scelta, costruita, voluta. La guerra è un inganno, la guerra è sempre una sconfitta, come così l’idea di una sicurezza internazionale basata sul deterrente della paura. È un altro inganno. Per garantire una pace duratura occorre tornare a riconoscersi nella comune umanità e a porre al centro della vita dei popoli la fraternità. La pace politica ha bisogno della pace dei cuori.


Parlare di pace, oggi, non è solo un gesto profetico. È un’urgenza. È un atto politico, spirituale, culturale e sociale insieme. È una responsabilità collettiva che ci chiama a non tacere di fronte a ciò che succede intorno a noi e dentro di noi. Come non ricordare e denunciare oggi quel che succede in Ucraina, a Gaza, nello Yemen, in Congo, in Sudan e in tutti i conflitti nel mondo…


Viviamo un tempo strano, frammentato, affaticato. Un tempo in cui le parole sembrano gridare, e i silenzi diventano complicità. Un tempo in cui la guerra non è più lontana: è dentro le nostre case, nei nostri telegiornali, nei prezzi che aumentano, nei cuori che si spengono.


E allora parlare di pace, oggi, è un gesto di fiducia, ma anche di rottura. È dire: “noi non ci rassegniamo”. Noi non vogliamo accettare che il cinismo prenda il posto della speranza. Noi vogliamo costruire un’alternativa, a partire da ciò che siamo: persone, comunità, storie, legami.
Oggi, invece, la Commissione europea propone un’altra strada: ReArm Europe, un grande piano di riarmo nazionale finanziato forse anche a scapito della coesione sociale. Si parla di spese militari, di percentuali del PIL, di bilanci da potenziare. Ma si tace su ciò che verrebbe sacrificato: le scuole, le università, i servizi pubblici, i territori più fragili.


Noi diciamo no a questa deriva. Noi diciamo con forza: questa non è la strada giusta. Non perché siamo ingenui o pacifisti di maniera. Ma perché conosciamo il valore della politica, il potere del dialogo, la forza della cultura. Perché sappiamo che la sicurezza degli europei non si costruisce con più armi, ma con più giustizia, più educazione, più coesione, più fiducia.


Dove c’è l’umano, c’è anche il conflitto. Ma dove c’è l’umanità, c’è politica.

La guerra è la degenerazione del conflitto. E noi, come comunità, vogliamo educare a gestire il conflitto, non ad alimentarlo.


Viviamo tempi duri, non li ignoriamo. Ma riarmarsi non è la prima risposta, è l’ultima spiaggia.

E se la scegliamo per prima, è perché abbiamo già rinunciato alla speranza.

La pace non si costruisce aumentando la potenza di fuoco. La pace si costruisce rafforzando la potenza della politica, della diplomazia, della cultura. La vera sicurezza degli europei non si difende con più missili, ma con più istruzione, più giustizia sociale, più cooperazione, più investimenti nella ricerca, nella transizione ecologica, nei diritti.

 

L’Europa che vogliamo è quella della diplomazia coraggiosa, della cooperazione multilaterale, dell’investimento nelle relazioni e nelle persone. È l’Europa che non abbandona i suoi valori sotto il peso della paura. È l’Europa che non si limita a difendersi, ma osa costruire ponti.

Per questo oggi siamo qui. Per dire che vogliamo un’Europa che promuova la pace, che affronti le crisi ambientali, demografiche, economiche, antropologiche con intelligenza collettiva, non con logiche militari.

 

Perché la pace è politica. La pace è cultura. La pace è coraggio.

 

E allora, in nome della nostra storia, della nostra dignità, della nostra responsabilità, diciamo insieme:

Sì all’Europa della diplomazia, della cultura, della giustizia sociale. Sì a un’Europa che, anche oggi, sa scegliere la pace.

 

Allora alziamo la voce, oggi, da Bergamo, per dire:

Sì, vogliamo più sicurezza, anche attraverso una difesa comune. Ma non vogliamo essere più armati. Vogliamo essere più uniti, più giusti, più consapevoli. Vogliamo un’Europa che non abbandona i deboli, che non cede ai nazionalismi, che non baratta la pace con gli affari.

Sì, noi crediamo ancora nell’Europa. Ma in quella autentica: l’Europa dei popoli, l’Europa della pace. Un’Europa che non si rassegna all’indifferenza. Un’Europa che ha il coraggio di sperare e costruire una “pace disarmata e disarmante”. Quella che stasera ricomincia dai nostri cuori e dal nostro tenerci per mano. Quella che sola può garantirci un futuro buono e sensato, che è l’augurio più bello per questa festa e per le nuove generazioni.

 

Pierangelo Milesi - Vicepresidente ACLI nazionali

Manifestazione per l'Europa e per la Pace

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Il discorso del vicepresidente ACLI Pierangelo Milesi
Manifestazione per l'Europa e per la Pace

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Posizioni aperte in ACLI Bergamo

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Per un'Europa di pace

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