Terra Santa: per la pace di Dio

TERRA SANTA: PER LA PACE DI DIO

 

di SettimanaNews

 

Beatitudine, Eminenza, cari fratelli nel ministero episcopale e sacerdotale, care sorelle e fratelli,

qui a Tabgha, il mondo sembra essere a posto. Non ci sono segni tangibili della guerra. Ma sappiamo che il silenzio di questo luogo è ingannevole. Solo pochi chilometri ci separano da una sofferenza schiacciante e indicibile.

 

Non è passato un giorno dalla mattina del 7 ottobre senza che ci siamo trovati di fronte a notizie e immagini devastanti: immagini di violenza e distruzione. Vedo le immagini dell’orribile attacco di Hamas, che ha superato ogni normale misura umana. Bambini e donne, anziani e giovani adulti, che avevano ancora una vita intera davanti a loro sono stati uccisi in modo brutale. Penso agli ostaggi che sono ancora nelle mani di Hamas e ai loro parenti che temono per loro. Possiamo solo condannare questo atto sanguinario, senza se e senza ma.

 

Lo Stato israeliano ha dichiarato guerra ad Hamas. E ha il diritto internazionale dalla sua parte. Ma ho anche davanti agli occhi le immagini della popolazione sofferente della Striscia di Gaza. Molti, troppi morti. La situazione umanitaria è scandalosa. Uomini, donne e bambini sono circondati dalle rovine. Vivono nella paura costante. E la maggior parte di loro non ha lo stretto necessario per sopravvivere.

 

E vorrei dire questo: sono solidale con le persone in Israele; e sono anche solidale con le persone in Palestina. Inoltre, sono vicino alle vittime della guerra a Gaza. Bisogna fare tutto il possibile per alleviare le sofferenze delle persone che vivono lì e per prevenire e porre fine all’uccisione di civili innocenti.

 

Ho già detto quanto mi toccano le immagini di sofferenza. Per questo non volevo più limitarmi a seguire gli eventi da lontano. Per questo mi sono recato in Terra Santa. Sono venuto per imparare; volevo e voglio ancora incontrare voi, le persone sul posto, di persona – anche se mi rendo conto che non ho molto altro da offrire se non la mia compassione e solidarietà. Questa compassione vale per tutti: israeliani e palestinesi – ebrei, drusi, musulmani e cristiani.

 

Il mio viaggio è stato caratterizzato da incontri ed eventi che mi hanno toccato nel profondo. Vorrei ringraziare in particolare lei, Beatitudine, caro cardinale Pizzaballa. Senza la sua spontanea disponibilità, la visita non sarebbe stata possibile. Grazie per la sua gentile ospitalità e per il tempo che mi ha generosamente concesso. Grazie per le profonde discussioni che abbiamo avuto.

 

Le nostre riflessioni sul ruolo e la responsabilità delle comunità religiose sono particolarmente preziose per me. Senza di esse non si può raggiungere una pace duratura in Terra Santa. Ecco perché il dialogo tra le comunità religiose è così importante. Papa Francesco non si stanca mai di ricordarcelo. Sono quindi lieto, in questi i miei giorni in Terra Santa, di aver incontrato rappresentanti dell’ebraismo e dell’islam, oltre che dei cristiani. Noi uomini e donne di fede non rappresentiamo partiti religiosi. Non dobbiamo essere sostenitori di interessi particolari. Siamo messaggeri di Dio per la pace.

 

Non voglio nascondere nulla: come vescovo di un paese il cui nome evoca ancora orrore tra i sopravvissuti alla Shoah, la visita di giovedì allo Yad Vashem mi ha colpito. Era l’anniversario della cosiddetta Reichspogromnacht (Notte dei cristalli). Esattamente 85 anni fa, negozi e sinagoghe ebraiche in Germania furono saccheggiati e dati alle fiamme e molte persone furono uccise. Nei giorni immediatamente successivi iniziarono le deportazioni nei campi di concentramento. E alla fine di tutto ci fu il genocidio degli ebrei europei. Deponendo una corona di fiori allo Yad Vashem, ho voluto dare l’esempio e oppormi a tutte le forme di antisemitismo.

 

Tuttavia, mi oppongo fermamente anche a qualsiasi odio generalizzato nei confronti dei musulmani e al disprezzo e alle minacce a cui sono esposti i cristiani. Non dobbiamo permettere che le persone vengano denigrate ed emarginate a causa della loro religione o etnia. Altrimenti tutti noi – e soprattutto voi qui in Terra Santa – non troveremo mai la pace.

 

Oggi la Chiesa locale di Gerusalemme celebra la festa della Moltiplicazione dei pani. Come abbiamo appena sentito, si rifà a una storia della Bibbia che ebbe luogo qui a Tabgha. C’erano solo due pesci e cinque pani. Eppure, su indicazione di Gesù, i discepoli riuscirono a sfamare una folla di 5.000 persone. Anche noi non abbiamo molto da offrire. Solo la nostra speranza di una pace giusta, la nostra volontà di raggiungere una pace giusta e le nostre azioni di pace giusta. Questi sono i nostri due pesci e cinque pani. Ma forse – a Dio piacendo – possiamo usarli per trasformare radicalmente questo mondo di discordia in cui oggi tutti voi state soffrendo. Forse vivremo il giorno della pace, che ha il suo fondamento nella giustizia per tutti.

 

Che la pace sia su di voi. Dio vi benedica tutti.

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