Quel che resta del nucleare
Articolo de l'Essenziale
di Stefano Liberti | 29/07/2022
La centrale di Borgo Sabotino, vicino a Latina, aspetta dal 1987 di essere smontata. Ma è un’impresa molto complessa, anche perché quando fu costruita gli impianti non erano stati pensati per essere demoliti.
Quando entrò in funzione era la più grande d’Europa. Oggi giace spenta nei pressi del litorale pontino, a mostrare con la sua ingombrante presenza tutte le criticità di un possibile rilancio dell’atomo civile. Aperta dall’Eni nel 1963, la centrale nucleare di Borgo Sabotino, vicino a Latina, è una delle quattro presenti sul territorio nazionale, la prima mai costruita e quella che per ultima sarà smantellata.
A una data che nessuno è ancora in grado di indicare, con costi che nel frattempo hanno raggiunto livelli stratosferici.
La centrale è inattiva da quando, nel 1987, i referendum sul nucleare dichiararono chiusa la parabola dell’atomo civile italiano. Da allora è in attesa di essere smantellata. Il compito è stato affidato alla Sogin, la società pubblica costituita ad hoc nel 1999 per occuparsi del decommissioning, ossia lo smontaggio delle centrali e la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Ma le operazioni avanzano a rilento, per difficoltà tecnologiche e per l’ostacolo di natura tutta politica dell’identificare un sito dove costruire il deposito nazionale di stoccaggio del materiale radioattivo.