Per un'altra Helsinki

di Mauro Magatti | Venerdì 6 maggio

 

 

 

 

 

 

 

 

Avvenire

 

 

 

 

 

 

 

 

Le cancellerie di tutto il mondo sono ormai convinte che l’invasione russa dell’Ucraina comporti una rottura strutturale, destinata a cambiare gli assetti geopolitici mondiali. Ridefinendo ciò che abbiamo pensato negli ultimi decenni col nome di «globalizzazione». Proprio su questa tematica si è concentrato l’importante discorso della ministra degli Esteri Liz Truss al Parlamento inglese di qualche giorno fa.

 

Un vero e proprio testo programmatico, che coglie il nodo centrale portato alla ribalta dalla guerra in Ucraina. In sostanza, Truss afferma che è finito il tempo in cui è possibile godere dei benefici del libero scambio senza pagare un prezzo. Guardando avanti, è necessario definire le regole da rispettare se si vuole far parte nel 'club della prosperità'. A partire da Stato di diritto, democrazia, libertà individuali, sostenibilità. «L’accesso all’economia globale deve dipendere dal rispetto delle regole. Non ci possono essere più abbonamenti gratuiti», afferma la ministra inglese.

 

Si tratta di un’idea fondamentale: come non essere d’accordo con l’obiettivo di creare un contesto globale di libero scambio equo? Una globalizzazione sregolata, nella quale ognuno può trarre i benefici che vuole senza sentirsi impegnato alle regole della convivenza umana, è destinata – come possiamo ormai vedere con chiarezza – a generare disastri. Proprio l’interconnessione globale comporta la responsabilità di tutti e la definizione di una serie di impegni. L’economia da sola non basta.

 

Il problema è che questa dichiarazione giunge tardiva: nonostante la prosperità e le tecnologie di cui dispone, il mondo che abbiamo costruito è travolto da una quantità di questioni che non sappiamo più come affrontare: cambiamento climatico, migrazioni, instabilità politica, disuguaglianze, fondamentalismi, etc.

 

Per citare un vecchio adagio popolare, oggi ci troviamo a dover «chiudere la stalla quando i buoi sono scappati». Si pone, dunque, la domanda: come è possibile raggiungere il risultato di cui parla la ministra inglese nella situazione nella quale ci troviamo?

 

Sarebbe un grave errore se l’Occidente pensasse di avere tutto il mondo schierato dalla propria parte. La contrapposizione tra democrazie e autocrazie di cui molti parlano traccia un discrimine molto più articolato di come si tende a credere. Nelle ultime settimane, 132 Paesi hanno votato a favore delle sanzioni nei confronti della Russia. Ma, in termini di popolazione – come ha fatto puntualmente rimarcare la propaganda russa, ma anche gli analisti più attenti – si tratta di meno della metà della popolazione mondiale.

 

 

 

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