Le minacce a don Mattia Ferrari

IL PRETE SIA SILENZIOSO

 

@Avvenire | giovedì 15 dicembre 2022

 

 

Potrebbe essere solo un appunto personale oppure, più in generale, un’indicazione per la Chiesa e per il suo impegno “sociale”. Certo è che quello che ha scritto la Procura di Modena nella richiesta di archiviazione della vicenda legata alle minacce ricevute da don Mattia Ferrari, il cappellano di “Mediterranea saving humans”, è destinato a far rumore.

Gli attacchi al sacerdote, ai giornalisti e a chi si occupa di salvare i migranti dal mare e di denunciare per davvero il traffico indisturbato che avviene nel Mediterraneo condotti da un personaggio conosciuto come il “portavoce della mafia libica” sono considerati irrilevanti e degni di archiviazione in quanto le minacce (per il pm semplicemente «le frasi») indirizzate al cappellano e agli altri bersagli non «presentano profili di rilievo penale».

 

Una posizione che, al di là del merito della questione, lascia perplessi i legali che difendono don Mattia. E chiunque scorra le carte.

 

Don Mattia è da tempo sotto “radiosorveglianza” decisa dal Comitato provinciale per la sicurezza dei cittadini, proprio sulla base di quelle minacce. Una decisione che per la Procura non avrebbe senso in quanto il sacerdote non sarebbe nel mirino di nessuna mafia libica. Le «frasi» scagliategli contro sarebbero «prive di rilevanza penale da chiunque esse provengano».

 

Nel testo in cui propone l’archiviazione il pm non cita mai l’account dal quale sono arrivate e che, come attestano inchieste giornalistiche e atti parlamentari, sarebbe invece «un portavoce della mafia libica legato ai servizi segreti di diversi Paesi». Quell’account infatti, sottolineano le fonti vicine a chi subisce minacce, pubblica continuamente materiale per conto della mafia libica e periodicamente anche foto “top secret” di velivoli militari europei e di apparati italiani.

 

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