Il paese senza rappresentanza
Articolo de Settimana News
di Franco Monaco | 02/08/2022
È a tutti gli effetti imperdonabile chi porta la responsabilità della crisi del governo Draghi. Sia perché le ragioni emergenziali della sua missione (pandemia e PNRR) non erano venute meno, sia perché ad esse si era semmai aggiunta la guerra – non è poco – con i suoi risvolti etici e geopolitici e con le sue conseguenze di natura economico-sociale, sia infine perché comunque le elezioni erano alle viste alla loro scadenza naturale.
Quella rottura non poteva che precipitare il paese – e Mattarella, rassegnato, lo ha certificato come inevitabile – verso un confronto elettorale rovente, a valle di una improvvisata e affannosa campagna agostana, quando si sarebbe potuto e dovuto approdarvi responsabilmente con ordine, dando modo ai partiti di approntare, come si conviene a una democrazia sana, le rispettive offerte politiche.
Ipocrita e strumentale
Ingiustificabile la crisi ma, ahimè, chiarissima proprio nella sua censurabile motivazione. Ovvero il calcolo di una convenienza di parte dei tre partiti che l’hanno prodotta.
Il M5S – forse preterintenzionalmente, in quanto in preda a una sindrome autodistruttiva forse finale – ha fornito l’assist a Lega e FI per fare precipitare il paese verso elezioni che, secondo tutti i sondaggi, vedono la destra favorita. Ricomponendo d’un fiato il rapporto con Fratelli d’Italia che stava all’opposizione del governo Draghi.
Palesemente strumentali le motivazioni, ipocrita il comportamento: non un aperto voto di sfiducia, ma una non-sfiducia espressa nella forma della non partecipazione al voto sulle comunicazioni del premier. Di più: facendo ricorso all’acrobatica teoria secondo la quale la sfiducia se la sarebbe cercata lo stesso Draghi.