di Leonardo Becchetti | Martedì 30 novembre
Avvenire
«Non chiedere o accettare mai soldi da estranei perché noi i soldi dobbiamo guadagnarceli con il nostro lavoro». Parola di madre. Quest’estate ci siamo tutti appassionati al capolavoro di cooperazione e di squadra dell’oro olimpico della 4x100 e alla storia di Fausto Desalu, il giovane staffettista figlio di una donna d’origine nigeriana che, nato in Italia, fino a 18 anni non ha potuto gareggiare per il nostro Paese. E alla dignità della signora che, con mille sacrifici, ha cresciuto da sola il ragazzo e ha rifiutato una comparsa televisiva nel giorno del successo per non lasciare il suo turno di lavoro di badante. Moltissimi stranieri come la mamma di Fausto, ma irregolari e invisibili, sono parte della spina dorsale di un’Italia che è, e sarà, sempre più popolata di persone vecchie e sole. Si ricomincia a ragionarci su, mentre alcune parti politiche, per fortuna oggi meno forti nel costruire campagne d’odio, grazie anche alla reazione 'dal basso' di tanti cittadini sensibili, cercano ancora di fomentare paure e rifiuto.
La realtà storica, tra l’altro, è che per lo sviluppo dei maggiori Paesi ad alto reddito (Stati Uniti d’America in primis) l’immissione di energie vitali a seguito di ondate migratorie è sempre fondamentale per rafforzare il corpo sociale rivitalizzandone le energie (e noi italiani, da migranti siamo stati parte importante di tutto questo). Nel nostro declino spirituale e culturale stiamo, invece, diventando vittime della paura dell’accoglienza che le nostre radici e tradizioni bibliche (si pensi solo al bellissimo brano veterotestamentario della quercia di Mamre) ci indicano come chiave di generatività e fertilità sociale.