Scuola. Più dei programmi pesa la didattica: il tema è fare appassionare i ragazzi
di Eraldo Affinati da Avvenire
La cosa peggiore che potremmo fare nel riflettere sulle nuove indicazioni nazionali appena presentate dal ministro Giuseppe Valditara per il primo ciclo di istruzione, ovvero dalla scuola dell’infanzia alle superiori di I grado, sarebbe quella di strumentalizzare l’auspicato dibattito alimentando in modo precostituito le pur inevitabili contrapposizioni.
Se c’è un luogo dove dovremmo trovare punti d’intesa cercando una sintesi complessiva, a partire dai fondamenti del sapere, è proprio questo. Senza dimenticare, è ovvio, la natura convenzionale dei programmi scolastici che non rappresentano una verità assoluta, bensì soltanto ipotesi di lavoro conoscitive.
Stiamo parlando, non dimentichiamolo, della formazione culturale delle future generazioni, umanistica dal momento che su quella scientifica si è già legiferato, tenendo presente che si tratta di criteri generali di massima, i quali dovranno poi calarsi nelle realtà particolari degli istituti: il che può fare tutta la differenza del mondo.
Spesso e volentieri le singole scuole, grazie al regime dell’autonomia, praticano sperimentazioni che sono in linea con tali indicazioni: pensiamo, ad esempio, allo studio del latino come materia opzionale; oppure al maggiore spazio da riservare alla musica e alle arti: in tale direzione nell’istruzione italiana esistono eccellenze che potrebbero essere prese a modello.