di Mauro Magatti | Giovedì 13 gennaio
Avvenire
Omicron ha sparigliato ancora una volta i giochi. La nuova variante venuta dal Sudafrica si è propagata con incredibile velocità diventando in poche settimane dominante, nella coabitazione con la Delta, anche qui da noi. Tuttavia, è evidente che l’emergenza di questi giorni è molto diversa da quella dell’anno scorso. Omicron produce forme meno gravi ed è molto più diffusiva. I dati da questo punto di vista sono eloquenti. Un anno fa in questi giorni, nei primi giorni di gennaio, le infezioni erano circa 20.000, con oltre 2.500 persone ricoverate in terapia intensiva. Oggi, le infezioni sono 10 volte di più (attorno alle 200.000), ma i posti letto in terapia intensiva occupati da pazienti covid sono circa 1.700. Anche grazie al vaccino riusciamo, pur con qualche fatica, a contenere il numero di ospedalizzazioni. Ma adesso il problema è diventato evitare il rischio di vedere il Paese bloccato a causa della diffusione capillare della malattia.
Su vaccinazioni, apertura di scuole e attività produttive il governo tiene la barra dritta. Posizione ampiamente condivisibile. Soprattutto perché non sappiamo per quanti inverni dovremo gestire queste ondate virali. Se il tema è imparare a convivere sensatamente con il virus, è allora necessario riuscire a non dimenticare parti importanti della nostra organizzazione sociale.