di Daniele Rocchetti | giovedì 7 gennaio 2020
Santalessandro.org
"In mezzo a tanta violenza e sofferenza qualcosa avevo fatto. Solo questo. Questo, e niente di più. Ho solo risposto alla mia coscienza. Quello che va fatto lo si deve fare”.
Così ha continuato a ripetere fino alla fine Pierantonio Costa a quanti gli chiedevano ragione della sua ostinata scelta di voler salvare vite durante il dramma ruandese del 1994. Un genocidio che ha portato alla morte, in poco più di tre mesi, di un milione di persone. Uomini e donne, vecchi e bambini. Che vuol dire 416 persone all’ora, 7 ogni minuto.
E’ morto nei giorni scorsi Pierantonio Costa, un nome che scoprii casualmente parecchi anni fa leggendo La lista del Console, il bel libro di Luciano Scalettari, talentuoso giornalista di Famiglia Cristiana, grande conoscitore dell’Africa.
Forse non c’è modo migliore per iniziare questo 2021 che raccontare la vicenda di un “giusto”, un uomo che nelle difficoltà ha cercato di custodire l’umano, anche a rischio della propria vita.
Tre mesi ininterrotti di massacri
Il 6 aprile 1994 l’aereo sul quale viaggiava il presidente ruandese Habyarimana assieme al presidente del Burundi Nytaryamira fu abbattuto mentre stava atterrando a Kigali. Fu il segnale che lanciò i partiti estremisti della maggioranza hutu contro la minoranza tutsi all’opposizione e contro gli esponenti dei partiti moderati hutu. Fu l’inizio del genocidio del Ruanda.

In tre mesi un milione di morti, massacri e violenze di ogni genere: uno dei capitoli più terribili del ventesimo secolo. In quei 100 giorni di follia collettiva Pierantonio Costa, alle spalle una famiglia con cento anni di emigrazione nel continente nero, imprenditore di successo, console onorario a Kigali, capitale del Ruanda, sposato, con tre figli, opera “controcorrente”. Mentre intorno a lui c’è sofferenza e morte, comincia a girare il piccolo Paese per mettere in salvo il maggior numero di persone possibile. Prima gli italiani, missione che considera suo dovere, poi tutti gli altri: ruandesi, molti dei quali tutsi (contro di loro si aprì una vera e propria caccia all’uomo); ma anche belgi, spagnoli, burundesi, francesi. E mentre Costa viaggia per la capitale in preda al caos, la sua famiglia nasconde in casa una quindicina di tutsi: la moglie Mariann li protegge e fa da mangiare per loro, il figlio maggiore Olivier gira per Kigali, per portare in salvo qualche gruppo di disperati. Tre mesi di missioni avventurose, con tanti episodi di altruismo ed eccezionale umanità.