La transizione verde, le nuove generazioni e quattro C da considerare

Il recente Rapporto Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), organismo dell’Onu per la valutazione dei cambiamenti climatici, mette chiaramente in luce tre aspetti fortemente connessi tra di loro: la gravità della situazione, la responsabilità dell’attività umana, i crescenti costi del non agire.

 

Di fronte a questa grande sfida, in positivo c’è il fatto che si sta affacciando alla vita adulta la generazione più sensibile e consapevole di sempre della necessità di agire su questo fronte.

 

Se c’è un tema, infatti, in grado oggi di mettere in relazione virtuosa sensibilità e valori dei giovani con le questioni aperte del nostro tempo – con alto potenziale innovativo sui modelli di produzione e consumo – è proprio quello dell’ambiente, della promozione della salute e della salvaguardia della biodiversità del pianeta. Non è un caso che le nuove generazioni si sentano pienamente coinvolte: sono del resto le prime a crescere fin dall’infanzia in un mondo in cui, con il termine e il concetto di Antropocene, viene formalizzata la collocazione del nostro tempo in un’era geologica condizionata dall’impatto dei comportamenti umani. Il portale della Treccani ricorda che tale neologismo è stato coniato negli anni 80 (periodo di nascita dei Millennials) ma diventa termine comune e concetto consolidato con le opere del Nobel Crutzen a partire dal 2000 (quando nasce e si socializza la Generazione Zeta).

 

È però anche vero che, nonostante questa loro predisposizione positiva, i giovani non si sentono attualmente messi nelle migliori condizioni per assumere un ruolo da protagonisti rispetto alla sfida posta. È quanto emerge da una ricerca promossa da Istituto Toniolo e Sofidel a partire dai dati di una indagine condotta da Ipsos lo scorso giugno. Innanzitutto, si conferma la crescita dell’importanza attribuita alla salvaguardia dell’ambiente e al contrasto dei cambiamenti climatici. Rispetto ad una analoga rilevazione condotta nel 2018, la percentuale di intervistati tra i 18 e i 34 anni non informati e con conoscenza vaga del concetto di sviluppo sostenibile risulta ridotta dal 45% al 35%. Detto in altri termini, circa due giovani su tre hanno ben introiettato l’idea che l’emergenza climatica richieda un cambio di paradigma. Più che accettare rinunce rispetto al modo di vita delle generazioni precedenti, si tratta di ripensare il concetto stesso di crescita. La grande maggioranza degli intervistati (circa tre su quattro) non ritiene si tratti di una moda e solo una stretta minoranza è trascinata dagli influencer su questo tema. Le fonti di informazione si confrontano con una dieta mediatica molto ampia. Quello che più funziona è l’incrocio tra la dimensione orizzontale che ha come motore la passione veicolata dai coetanei e la dimensione verticale costituita dalle opinioni degli esperti e dai dati scientifici. Sensibilità, conoscenza e protagonismo positivo risultano ancor più forti tra i più giovani, ovvero nella Generazione Zeta (gli under 25) e tra chi ha maggior formazione e più solidi strumenti culturali. Questo significa che consapevolezza e informazione qualificata sono destinate a crescere e consolidarsi.

 

Ma anche che le risposte positive da dare possono essere rafforzate migliorando la loro formazione e valorizzando il loro capitale umano nella sfera sociale ed economica. Al contrario, basso titolo di studio e difficoltà di inclusione nel mondo del lavoro frenano non solo il contributo alla crescita presente del Paese ma indeboliscono anche il ruolo dei giovani come parte attiva di nuovi processi di crescita più coerenti con le sfide dell’epoca in cui vivono.

 

Più in generale la ricerca mostra come la Generazione Zeta, pur vivendo in un contesto di difficoltà nel presente e di incertezza diffusa, si senta aperta a ciò che è nuovo e non rinunci ad un impegno positivo verso il futuro. La sostenibilità risulta inglobata profondamente nella visione della realtà e nei processi decisionali dei giovani, ma con molto pragmatismo. Lo si riscontra su vari aspetti.

 

In primo luogo come atteggiamento. L’87% degli intervistati esprime grande voglia di riconoscersi come membro attivo di una generazione che porta nuove soluzioni. Risulta ampia anche l’apertura verso la diversità (85%) e la sensibilità nei confronti dei problemi sociali (80%). Su questi aspetti i più giovani e le ragazze presentano valori sistematicamente più elevati.

 

In secondo luogo come comportamenti di consumo. Il costo dei prodotti rimane un elemento che pesa nelle scelte, tanto più sui giovani che non hanno in genere grandi disponibilità economiche, ma questo non implica rinunciare alla qualità. In particolare, la grande maggioranza degli intervistati afferma di essere disposta a pagare di più i prodotti green (per il 56% se il prezzo non è troppo più alto e per il 17,8% anche con costo molto maggiore).

 

Infine, relativamente al lavoro, il desiderio è quello di trovare valorizzazione personale, anche economica, con preferenza però per aziende che mostrino un impegno positivo verso l'ambiente e attente all'impatto sociale. Se si conferma, infatti, al primo posto la preoccupazione per il reddito (64%), al secondo posto per la Generazione Zeta si trova l’importanza che il lavoro offra «un’occasione per dare il tuo contributo nel mondo», in un’azienda con valori che si condividono (60%).

 

Alta risulta l’offerta potenziale per le opportunità offerte dai green jobs.

 

In generale, nelle scelte delle città in cui andare ad abitare, dei prodotti da acquistare, del contesto lavorativo in cui spendere con entusiasmo i propri talenti, il fattore economico rimane rilevante ma è sempre più considerato in combinazione con altri fattori ai quali le nuove generazioni danno sempre più valore, legati alla qualità, alla dimensione sociale, al rapporto con l’ambiente.

 

Ciò che serve sia al pianeta che allo sviluppo avanzato del nostro Paese passa, allora, attraverso il rafforzamento dei giovani su quattro “c”: il coinvolgimento nei processi di cambiamento, il miglioramento delle conoscenze sulle trasformazioni in corso, lo sviluppo di competenze per intervenire in modo qualificato, la possibilità di contare esercitando la propria responsabilità nelle scelte individuali e collettive.

 

Non c’è dubbio che le aziende e le organizzazioni che sapranno attrarre e valorizzare giovani di questo tipo saranno quelle in grado nei prossimi anni di cogliere le migliori opportunità di crescita competitiva attraverso l’innovazione tecnologica e la transizione verde.

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