La guerra di chi porta in salvo i civili: la cosa più difficile? Restare calmi

di Francesca Ghirardelli | Lunedì 16 maggio

 

 

 

 

 

 

 

 

Avvenire

 

 

 

 

 

 

 

 

Il peggio che possa capitare nel mezzo di un’evacuazione di civili particolarmente fragili e anziani è che il veicolo su cui viaggiano si fermi all’improvviso, in panne per un guasto, mentre nei dintorni infuriano i combattimenti.

 

«Quel giorno era in corso un’evacuazione da un paesino vicino alla città di Lyman, nel Donbass. Proprio da lì avevo portato via persone verso un ospedale a Slovyansk, quando mi è arrivato un messaggio: un’altra squadra, attiva in quel villaggio, aveva dovuto abbandonare il furgone in panne, mentre nelle vicinanze era iniziato un bombardamento di artiglieria pesante», racconta Vladislav Arseniy, originario di Donetsk, volontario per le evacuazioni organizzate dalla Ong Vostok-SOS.

 

«Per cercare un posto sicuro, si erano incamminati lungo la ferrovia con gli sfollati, la maggior parte molto vecchi». Vladislav non ci ha pensato due volte, è tornato indietro per soccorrerli.

 

«Non potevo comunicare con loro, non c’era linea, e non conoscevo la loro posizione. Ho deciso di aspettarli alla periferia del villaggio, ma si sentivano spari di armi automatiche molto vicine». È passata mezz’ora, un tempo infinito in circostanze come quelle, prima che Vladislav trovasse i compagni e l’evacuazione potesse concludersi.

 

«Un veicolo che si ferma corre un rischio altissimo perché diventa un target, un obiettivo da colpire», spiega al telefono Eugene Golovanevsky, che per Vostok-SOS è coordinatore di Vladislav e degli altri volontari.

 

«È accaduto anche il giorno successivo al guasto del furgone. Da Lysychansk avevamo un convoglio di tre van che si è inerpicato su una collina. È stato preso di mira dalle truppe russe. Era evidente che cercassero di colpirlo, ma si sono salvati tutti».

 

Le evacuazioni di East-SOS sono quasi quotidiane, la lista con i nomi dei richiedenti è lunga nel martoriato Est dove l’Ong è molto conosciuta dal 2014. In progetto ci sono ora anche missioni più a Sud, da Mykolaiv e Zaporizhzhya.

 

«Da fine marzo abbiamo portato in salvo circa 400 persone con limitata mobilità insieme ai loro accompagnatori. Con partner come Yangoli Spasinnya, Freedom Trust, Mondo e Libereco, abbiamo poi contribuito a trasferimenti meno complessi, con bus per oltre 4mila civili verso Dnipro o la stazione di Pokrovsk».

 

 

 

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