La crisi in Afghanistan e il “grande gioco” della Cina

di Alessandro Volpi | Mercoledì 1 settembre




Altreconomia







In questa fase numerose economie occidentali stanno soffrendo per la difficoltà a rifornirsi di microchip e semiconduttori, indispensabili per la produzione di molti settori, dall’automotive all’elettronica. Tale dipendenza è diventata assai rilevante dopo la scelta di ridurre l’impatto ambientale di vari prodotti, a partire dall’automobile e dagli elettrodomestici. Le attuali difficoltà di approvvigionamento derivano, in primis, dal fatto che microchip e semiconduttori provengono in larghissima parte dall’Asia, e in particolare dalla Cina, dove la produzione è iniziata da tempo. Sono evidenti allora alcuni paradossi.

 

Il primo viene da lontano e deriva dalla decisione “occidentale” di trasformare la Cina nella fabbrica del mondo per la sua capacità di produrre a basto costo, a cui ha fatto seguito la strategia del governo cinese di “pubblicizzare” diverse delle aziende strategiche. Mentre Europa e Stati Uniti si inebriavano di finanziarizzazione, e trascuravano l’innovazione e la tenuta delle proprie politiche industriali, la Cina ha acquisito il monopolio di settori strategici, capendo in anticipo anche ciò che sarebbe servito alla svolta “verde” delle stesse economie a capitalismo maturo. In maniera paradossale così la possibilità di dare corpo a produzioni ambientalmente meno impattanti dipende dal più grande inquinatore mondiale che ha acquisito una posizione monopolista.

 

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