di Ivo Lizzola | martedì 16 febbraio
Vita.it
“Catastrofe educativa”: per Papa Francesco è questo uno dei mali più drammatici del tempo che viviamo. Non è la prima volta che usa questa espressione. Lo aveva fatto ad ottobre 2020, aprendo i lavori del Global Compact on Education, ma oggi - se possibile - la usa con ancora maggior convinzione. Se a ottobre infatti aveva “riportato” l’espressione «un po’ forte» che altri usano («si parla»), ieri l’ha fatta senza dubbio sua: «Assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”. Vorrei ripeterlo: assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”, davanti alla quale non si può rimanere inerti, per il bene delle future generazioni e dell’intera società». Ancora più interessante il fatto che queste parole il Papa le ha pronunciate nel suo discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, come se attraverso loro volesse dare questo messaggio ben al di là della cerchia di quanti si occupano di istruzione e di educazione, ma a tutto il mondo.
«La pandemia, che ci ha costretto a lunghi mesi di isolamento e spesso di solitudine, ha fatto emergere la necessità che ogni persona ha di avere rapporti umani. Penso anzitutto agli studenti, che non sono potuti andare regolarmente a scuola o all’università», ha detto Papa FRancesco. «Ovunque si è cercato di attivare una rapida risposta attraverso le piattaforme educative informatiche, le quali hanno mostrato non solo una marcata disparità delle opportunità educative e tecnologiche, ma anche che, a causa del confinamento e di tante altre carenze già esistenti, molti bambini e adolescenti sono rimasti indietro nel naturale processo di sviluppo pedagogico. Inoltre, l’aumento della didattica a distanza ha comportato pure una maggiore dipendenza dei bambini e degli adolescenti da internet e in genere da forme di comunicazione virtuali, rendendoli peraltro più vulnerabili e sovraesposti alle attività criminali online. Assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”. Vorrei ripeterlo: assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”, davanti alla quale non si può rimanere inerti, per il bene delle future generazioni e dell’intera società. “Oggi c’è bisogno di una rinnovata stagione di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società”, poiché l’educazione è “il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell'io e nel primato dell’indifferenza. Il nostro futuro non può essere la divisione, l’impoverimento delle facoltà di pensiero e d’immaginazione, di ascolto, di dialogo e di mutua comprensione».
Un passaggio e una scelta, quella di pronunciarlo davanti agli ambasciatori di tutto il mondo, da cui Ivo Lizzola, professore Pedagogia sociale e di Pedagogia della marginalità e della devianza all'Università degli Studi di Bergamo, è «molto colpito ma non stupito».