di Rosanna Virgili | Giovedì 25 novembre
Avvenire
Tra le tante storie che, nella Bibbia, denunciano la violenza sulle donne ce n’è una che è tenuta sopita per la vergogna e l’orrore che narra ed è quella della moglie del levita di Efraim, nel terzultimo capitolo del libro dei Giudici. Proprio a essa ho pensato guardando, in questi giorni, un film su Lea Garofalo, giovane donna e madre uccisa, fatta a pezzi e bruciata dal suo compagno insieme ai suoi compari, tutti ’ndranghetisti. Il punto condiviso è, infatti, quel corpo fatto a pezzi che riguarda anche la 'concubina' del levita.
Leggendo un testo tanto antico si resta gelati da un brivido d’impotenza, vedendo come la storia che porta sino a noi non sia stata affatto efficace: non abbiamo imparato la lezione. E pensare che quelle pagine arcaiche erano scritte allo scopo che quant’era accaduto non avvenisse mai più e non certo perché ci si giustificasse dicendo: e che c’è di male a fare a pezzi il corpo di una donna, visto che lo fece anche il levita di Efraim? Visto che: 's’è fatto sempre cosi'? Ed ecco una prima riflessione: hanno ragione quelli che dicono che la violenza sulle donne scaturisce da un piano culturalmente elaborato e non semplicemente da istinto, gelosia, passione, rabbia.